Angolo dei Poeti - La guera di Luca Di Bianca
Luca Di Bianca è uno scrittore-viaggiatore e scrive per beneficenza. Attivista
e volontario in campi profughi, orfanotrofi e istituti di recupero, i suoi
libri hanno finanziato diversi progetti e associazioni. Da metà del 2014 è
impegnato in un progetto artistico di musica, immagini e parole e si esibisce
in diversi palcoscenici tra cui teatri, scuole e istituti penitenziari. Dal
2022 fa parte della Nazionale Italiana Poeti di calcio (NIP), con la quale
sostiene diversi progetti di beneficenza.
È nato nel 1980 e attualmente vive nella provincia di Roma. Si è laureato in
Scienze Storiche presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “La
Sapienza” di Roma con una tesi su un movimento di contadini no global La Via
Campesina, una Globalizzazione dal Basso. Per l’Università nel 2009 ha scritto
Ad Limina Sancti Jacobi, un manuale storico sul Cammino di Santiago e nel 2011
ha effettuato uno studio per il dipartimento di Antropologia presso l’etnia
Nzema nel sud-ovest del Ghana. Organizza viaggi per suo conto e come Tour
Coordinator per alcune agenzie. Si guadagna da vivere lavorando come operaio.
Nel 2008 ha scritto Corridoi Ascensionali (Self Publishing); nel 2014 Il
Cacciatore Errante (Self Publishing); nel 2016 L’Equilibrio Molteplice dell’Uno
(Self Publishing) e nel 2020 Calamite, storie portate dal viaggio.
www.lucadibianca.it
LA GUERA
È pieno de omini, donne e bambini che scappano da n’infame guera,
non sanno ndo annà, vorrebbero solo trovà un po de pace su sta tera.
Nun c’hanno niente appresso e cercano giusto quarcuno che je po da na mano,
diverso da quei balordi che je sparano e je tirano le bombe a mano.
Semo fortunati a vive ndo stamo noi oggi, è scontato dillo, non è un’opinione,
ma non dimenticamo mai che pure qua ottanta anni fa ce stava sta disperazione.
Me vengono in mente li nonni mia che la guera l’hanno vissuta davero,
e me l’hanno raccontata tanto tempo fa che oggi quasi nun me pare vero.
Ma hanno patito pure loro le pene de st’inferno maledetto,
senza niente da magnà e co la paura che su de loro je crollasse pure er tetto.
Un nonno mio l’hanno mannato al fronte pure se non je annava de fallo,
nei Balcani a morisse de fame e de sete fino a bevese er piscio der cavallo.
Un altro invece s’è messo le api sotto alle recchie pe fasse pizzicà e fingese
malato,
e co sti finti orecchioni nun è partito pe la guerra, ed è così che s’è
salvato.
Un bisnonno mio c’aveva li nazisti de fronte a casa e ce doveva avè prudenza,
così je portava du fettuccine, pe salvà mi nonna da qualche loro violenza.
L’altra mi nonna invece la facevano lavorà a na polveriera a fa le granate,
e doveva da pure er pane e le ova ai tedeschi, senò la piavano a fucilate.
E mo tu me dirai: ma che sta a di questo, che s’è inventato?!
Te dico solo de vedè quei gommoni che affonneno,
quei pori cristi dietro ar filo spinato.
Quanno guardi ste persone che oggi scappeno dalle guerre de sto monno,
pensa bene a giudicalli, perché uno de quelli,
poteva esse tu nonno.
Nessun commento:
Posta un commento